Descrizione
formato 148x210h mm, brossura, 114 pagine, ill.
Un paese colore del vino è un’opera teatrale che illustra uno spaccato di storia umbra dai primi del Novecento all’avvento del fascismo.
Il mondo contadino vive nella prima parte del nuovo secolo, ancora a forte vocazione rurale, una realtà quotidiana di forte disagio caratterizzata da condizioni di vita disagiate, arretratezza culturale, difficoltà di accesso all’informazione e soprattutto povertà diffusa. Nel contempo la classe padronale gode di ogni privilegio imperniato, oltreché sull’indifferenza alle sofferenze della povera gente, anche sulla rinuncia colpevole dello Stato, schierato dalla parte dei padroni, a ricoprire la propria funzione di garante della giustizia sociale. Gli intellettuali umbri, allo scopo di favorire la rinascita del mondo contadino, si fanno carico di diffondere nelle campagne uno spirito di ribellione contro le ingiustizie, a cui la popolazione non ha mai saputo reagire per frainteso rispetto, se non addirittura timore, verso il comportamento autocratico dei proprietari terrieri; ma anche a causa dell’isolamento rispetto alle altre classi sociali dovuto alla sostanziale assenza di identità collettiva determinata dalla polverizzazione delle piccole strutture familiari contadine sul territorio.
Tra scetticismo iniziale e crescente condivisione ideale, le stalle divengono così i nuovi luoghi di incontro ove uomini e donne si riuniscono, al termine della lunga giornata lavorativa, per assimilare il pensiero di matrice socialista e scoprono il valore dell’aggregazione che diviene occasione per lo scambio delle idee e per la progettazione dei primi scioperi.
Nel clima vissuto dai personaggi nella campagna in cui è ambientata l’opera, incentrato sulla scoperta dei diritti, la condizione femminile comincia a mutare lentamente quanto inesorabilmente, grazie al contributo di una giovane contadina evoluta e sensibile che si batte con successo contro la superstizione, l’analfabetismo e l’abbandono sanitario imposti dal potere centrale alle classi disagiate.
Lucia, la protagonista della storia, ha il merito di capire che la vita contadina, e in particolare la condizione delle donne, cambieranno radicalmente solo attraverso l’istruzione e quindi l’apertura di scuole alla portata di tutti.
Sul ribollire della coscienza civile nazionale e in pieno dibattito politico e sociale, si abbatte la mannaia della Prima guerra mondiale che interrompe drasticamente ogni speranza di evoluzione, mietendo vittime soprattutto nelle classi più umili, dalle quali proviene il maggior numero di vite umane strappate alle proprie famiglie, ma anche alle fabbriche e alle campagne del Paese.
Lucia in questa circostanza mantiene i suoi impegni nei riguardi del proprio territorio e assiste le famiglie che, via via, piangono i propri uomini, sempre più giovani, chiamati alle armi, e in molti casi caduti sui campi di battaglia.
Nel ritardo della ricostruzione post bellica, prima di tutto morale e spirituale, nonché nel perdurare della povertà accentuata dal conflitto, si impone nella Nazione l’idea dell’uomo forte, che si materializza in Benito Mussolini. Alla violenza bellica si sostituisce pertanto quella sciagurata del fascismo.
La protagonista, forte della sua grande fede nella libertà e nella dignità dell’uomo, trasmette alle nuove generazioni il suo insegnamento, divenendo il simbolo del coraggio popolare e dell’emancipazione femminile contro il virus fascista.
Un paese colore del vino richiama alla memoria un’epoca che le generazioni coeve, favorevoli al conflitto bellico, hanno tentato di rimuovere per malcelato senso di colpa e, le successive, dimenticato per sottovalutazione del pericolo derivante dall’oblio. Eppure i giovani dovrebbero essere resi consapevoli della lezione proveniente dalla storia, nutrendosi del passato allo scopo di elaborare il presente e rendersi protagonisti del futuro.
L’ambientazione storica dell’opera intende pertanto raccontare l’origine contadina della nostra regione; il risveglio morale e civile della donna; l’ansia di rinnovamento socio-culturale vissuto nel periodo tra i primi moti contadini dell’Umbria e le avvisaglie della dittatura fascista.
La figura di Lucia, dal suo canto, rappresenta simbolicamente la difesa degli ultimi e la tutela della dignità personale, specialmente della donna, contro qualunque sopruso, ma anche il monito morale alle giovani generazioni pericolosamente in equilibrio precario tra il qualunquismo dell’effimero e il fascino indecente della nostalgia negazionista.
Roberto Bianchi