Descrizione
Formato cm 16,8×21,0 cm, brossura, XIII+175 pp., ill.
Aimone Filiberto Milli (Pieve Santo Stefano (AR) 1926 – Rieti 2015), giornalista (“L’Unità”, “Paese Sera”, “Il Tempo”), ha lavorato presso redazioni estere in Russia, Scandinavia, Finlandia, Cecoslovacchia, Medio Oriente. Militante del Pci reatino dalla sua fondazione, nel giugno del 1944, fino al 1984, ha al suo attivo numerosi libri di memorialistica che coniugano lo scenario reatino alla storia del Novecento. «Questo libro parla di teatro dialettale reatino ma, pur con il massimo rispetto per questa nobile arte, sarebbe un’offesa considerarlo solo per questo. Racconta di certo il vasto e articolato orizzonte dei gruppi teatrali che operavano nella Rieti del Novecento, con la serietà con cui al tempo si ponevano nei confronti di questa attività, e l’irrinunciabile qualità che si pretendeva dal prodotto finale, un aspetto questo oggi forse un po’ troppo trascurato. Ma man mano che le pagine scorrono ci si rende conto che in questo libro c’è molto di più. Aimone usa il teatro come osservatorio, quasi una metafora, della Rieti di quegli anni, soprattutto quelli a cavallo tra il fascismo e il dopoguerra. Anni difficili caratterizzati da rigide appartenenze che trovavano un punto di mediazione sui palcoscenici dei gruppi teatrali locali. Il teatro come spazio metastorico, capace di essere esso stesso momento di tregua tra storie di vita e credi politici inconciliabili tra loro. […] Dopo tanti anni oggi finalmente il libro viene ripubblicato dall’editore Il Formichiere che da qualche tempo ha dato vita a una collana di studi umbri-sabini che mi onoro di dirigere. È un fatto importante per far conoscere Aimone anche a un pubblico esterno alla nostra città. Non so se nel resto della provincia italiana ci siano o ci siano stati personaggi come Aimone, provocatori, irriverenti, affrancati da ogni soggiacenza verso il potere, troppo spesso, come lui diceva, esercitato solo in virtù di quel “sangettone”, vera e propria mortificazione di quella politica con la “P” maiuscola di cui lui sentiva fortemente la mancanza, e che nella sua memoria collocava proprio nelle “ribalte” e nei “vicoli” di quella sua Rieti ormai svanita». (dalla Prefazione di Roberto Lorenzetti)