Descrizione
148x210h mm, 172 pp., ill.
Non è un diario personale, non è un libro di storia minore, forse non è nemmeno un elenco di ricordi arresisi ai rimpianti o alle nostalgie che prima o poi lo affliggeranno.
Oppure è tutto questo insieme.
Fin dal primo racconto cogliamo che si tratta di un inno a quella gente a cui lo stesso autore ritiene di dovere la propria formazione; a quella generazione che non ha mai creato mostri. E quindi la vita contadina e i prodromi delle attività industriali, bagliori di infanzia e di guerra, riti religiosi e sociali attraverso aneddoti e proprie emozioni. Gli amici e le amiche e i loro giochi. La loro comune passione per il teatro e lo “sbarco” in città che, seppure distante solo sei chilometri, proponeva un mondo tutto diverso. Poi personaggi umili, modesti, creativi, scherzosi, arguti: come quelli dei soprannomi, quelli del secondo racconto (Maravija e U Marescallu) e del terzo (Gujermone de Trivellu).
Infine, il quarto racconto “Ma perché proprio a me”: la storia dei misteri e dell’occhiaticciu e delle fatture. Qualcosa di più personale che prelude (come ci dice egli stesso) al terzo libro già in fase di completamento.
Di tutto ciò ne avremo chiara contezza nell’ultima poesia che, se fosse stata posta all’inizio, avrebbe cambiato completamente l’approccio alla lettura di tutto il resto, evidenziando una fatica psicologica e una sofferenza che avrebbero chiamato in causa uno specialista.