Descrizione
116 pp., f.to 14,5×21
La fine di un modello. L’Umbria, la crisi e la sinistra
a cura di Franco Calistri e Renato Covino
[…] il sistema politico che ruotava intorno al centrosinistra, e segnatamente intorno al Pd, non è oggi più riproducibile o riformabile, la cura – la vittoria del centro destra – si configura peggiore della malattia. Tutto depone, infatti, a favore di una persistenza del protagonismo delle forze della rendita, di quel blocco sociale rappresentato da imprenditori legati al ciclo edilizio e dei lavori pubblici, alle public utility, dalla burocrazia dello Stato, della Regione, degli Enti locali, della sanità, dall’Università, dalle cooperative sociali, ecc., ieri base di consenso del centro sinistra e nel futuro destinato a raccogliersi intorno alla destra. Contemporaneamente si diffondono i miasmi di una ideologia nazionalista e xenofoba che ripropone, senza vergogna, stereotipi autoritari e fascisti. Occorre, allora, per la sinistra cambiare strada, riprendendo a riflettere e a discutere.
(dalla nota redazionale)
Sommario: I motivi strutturali di una sconfitta. Appunti per un dibattito – Mario Bravi, Aumenta il lavoro precario e si sottovaluta la crisi – Sergio Sacchi, Discutere senza dogmi – Mauro Volpi, Le Istituzioni della Regione alla ricerca di un ruolo – Claudio Carnieri, L’Umbria, la crisi, l’identità democratica – Francesco Mandarini, Ripartire si può ma è difficile – Ulderico Sbarra, La strada stretta dell’azione riformatrice – Valerio Marinelli, Un nuovo regionalismo per affrontare i nodi strutturali dell’Umbria – Attilio Romanelli, Non rassegnamoci alla decadenza – Paolo Brutti, La Sinistra faccia la mossa del cavallo – Fausto Gentili, Foligno nella crisi dell’Umbria – Karl Schibel, Umbria, il futuro è verde – Franco Calistri, Renato Covino, Dalla discussione alla proposta.
Da settembre 2018 a febbraio 2019, sulle pagine di “micropolis”, il supplemento umbro de “il manifesto”, si è svolto il dibattito che pubblichiamo sulla crisi del modello economico, sociale, politico dell’Umbria. Un redazionale che apriva la discussione, undici contributi di dirigenti politici e sindacali, intellettuali, economisti, e una conclusione. Il tema era quello del futuro dell’Umbria dopo lo sconquasso economico apertosi nel 2008, e oggi tutt’altro che concluso, le accelerazioni del degrado, già evidente nel corso dell’ultimo quarto di secolo, che tale processo ha provocato in una regione piccola e povera come l’Umbria, la sconfitta elettorale del 4 marzo. Le vicende innescate da quello che è stato chiamato lo “scandalo sanitopoli” hanno provocato ulteriore processi destinati a confermare la tesi sottesa a tutti gli interventi: ossia che un sistema di relazioni economiche, sociali e politiche si stava avviando, irrimediabilmente, verso il tramonto, mentre non si riusciva ancora a capire cosa lo avrebbe sostituito e quali ne sarebbero stati i protagonisti sociali e politici. In sintesi: il sistema politico che ruotava intorno al centrosinistra, e segnatamente intorno al Pd, non è oggi più riproducibile o riformabile, la cura – la vittoria del centro destra – si configura peggiore della malattia. Tutto depone, infatti, a favore di una persistenza del protagonismo delle forze della rendita, di quel blocco sociale rappresentato da imprenditori legati al ciclo edilizio e dei lavori pubblici, alle public utility, dalla burocrazia dello Stato, della Regione, degli Enti locali, della sanità, dall’Università, dalle cooperative sociali, ecc., ieri base di consenso del centro sinistra e nel futuro destinato a raccogliersi intorno alla destra. Contemporaneamente si diffondono i miasmi di una ideologia nazionalista e xenofoba che ripropone, senza vergogna, stereotipi autoritari e fascisti. Occorre, allora, per la sinistra cambiare strada, riprendendo a riflettere e a discutere. Operazioni oggi fuori moda e che, tuttavia, rappresentano il necessario snodo per ridare vitalità ad istituti come le strutture pubbliche oggi allo stremo e per definire piattaforme capaci di organizzare la protesta e il conflitto. È cosa tutt’altro che semplice. Necessita di sforzo di analisi e di tempo, ma non è impossibile se ci si libera dall’ossessione del governo a tutti i costi, dalle scadenze elettorali come unico momento della politica e si ricomincia a ritessere con umiltà reti sociali, a valorizzare le isole di resistenza che, nonostante tutto, continuano ad esserci.È da tale esigenza che è nata l’urgenza di pubblicare i contributi alla discussione, nella convinzione che possano essere di qualche utilità non solo per comprendere quello che sta accadendo, ma soprattutto come strumento per un’opera di rilancio della sinistra nella regione. In tal senso l’editore e la redazione di “micropolis” si pongono nella posizione del colibrì della favola africana che di fronte all’incendio della foresta, nel momento in cui tutti gli animali scappano, riempie il becco di acqua e la scarica sulle fiamme. Al leone che ironizza sulla esiguità e inutilità del suo contributo risponde: “io faccio la mia parte”. È forse l’unica risposta al degrado sociale, delle istituzioni e della politica e al “tradimento dei chierici”.