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Fulignu Mia (PDF IN LAVORAZIONE)

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Categoria: Product ID: 9882

Descrizione

A cura di Franco Bosi, Elena Laureti, con una nota di Massimo Maggiolini e un contributo di Piero Lai, coordinamento editoriale di Lucia Bertoglio, 199 p., f.to cm 21×15, ill. b/n, brossura con alette.
Tullio Maggiolini ha dedicato l’intera sua esistenza a lenire, con parole, con azioni, con uno sguardo di solidarietà le persone bisognose di tali cure, anche nello spirito, e questo fin dall’età di tredici anni, garzoncello nella farmacia ospedaliera, in seguito infermiere nel nosocomio folignate. Le sue poesie in lingua natìa, cioè folignate della prima metà del Novecento, rivelano lo spirito scherzoso e generoso nell’elargire finanche un sorriso a chi amava ascoltarlo o leggerlo; numerosi i componimenti indirizzati a persone, note in città, note all’interno dell’ospedale dove egli prestava servizio, e che oggi non ci sono più, ma che tuttora, oltre alla propria cerchia familiare ove verranno ricordate con affetto, sono vive grazie alla musa di Tullio. La sostanza del messaggio poetico è: sensibilità, calore, ironia, affetti espressi col caldo lessico natìo. Questa pubblicazione è un atto d’amore per un folignate genuino, che amava la sua città, anche quando ne rilevava i difetti, le manchevolezze, che amava la sua gente, persino quando ne metteva in ridicolo certe caratteristiche non esattamente positive, anzi l’amore e l’interesse per qualcuno o per qualcosa si capiscono proprio nel momento in cui se ne rilevano le mancanze, (Elena Laureti). Biografia: Tullio Maggiolini nacque a Foligno il 29 novembre del 1891 da una famiglia della piccola borghesia del tempo. Rimasto orfano passò i primi anni della sua vita ricoverato in ospedale, per la sua salute cagionevole, per poi essere ospitato nel locale orfanotrofio maschile. Nel 1904, a tredici anni, fu assunto come garzone della farmacia dell’ospedale e poi prestò servizio come infermiere fino al 1954, quando fu dimesso per raggiunti limiti di età. Partecipò alla guerra 1915/18 come fante e fu ferito in combattimento, riportando gravi menomazioni che gli fecero ottenere la qualifica di grande invalido di guerra. Aiutato e sostenuto dalla grande bontà e dalla pazienza della moglie Lisetta, anche lei infermiera all’ospedale, egli dedicò la sua vita interamente al bene del prossimo, ad alleviarne le sofferenze e a ricreare oltre che il corpo, lo spirito dei degenti. Ricoprì la carica d’ispettore dell’Associazione di Pubblica Assistenza “Croce Bianca” e fu membro della commissione comunale per la revisione dell’elenco dei poveri. Il 2 giugno del 1953 fu nominato cavaliere al merito della Repubblica Italiana. Morì il 9 febbraio del 1972, (Massimo Maggiolini).

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